Le tre regole d’oro


Primaria di San Polo, #03

Quando troviamo dei modi di operare che funzionano con i bambini, tendiamo poi, con l’abitudine a ripeterli, a darli per scontato. E così ci dimentichiamo pian piano, o almeno io mi dimentico, di quanto tanti di questi siano distanti dal modo ordinario di fare scuola. Per fortuna che arrivano le tirocinanti, e noi, per spiegare loro cosa facciamo ormai con naturalezza, dobbiamo fare un passo indietro e tornare all’idea che queste cose non sono così usuali fuori di qui. Sono decine, centinaia di piccole regole, sostenute da un orizzonte unico che dà un senso a ciascuna, che permettono al nostro sistema di funzionare. Purtroppo non si possono insegnare in un corso, bisogna viverle, o perlomeno vederle vissute e agite da altri. Ad esempio oggi, lavorando in un gruppo misto con bambini dalla terza alla quinta, ho presentato una nuova attività chiamata: “Riassunto in sequenza”. Un momento collettivo in cui ho letto loro un albo illustrato, poi 10 minuti di discussione collettiva per estrarne oralmente un riassunto insieme. A quel punto chi aveva lavorato nel gruppo era invitato a realizzare la propria sequenza scritta, e se necessario poteva consultare il libro. “Che libro era?”, chiederà qualcuno di voi. Era “Il cavallo magico di Han Gan”. Trovo che Chen Jianghong sia uno degli autori più interessanti nel panorama mondiale della letteratura per questa fascia di età. E non solo, sono libri bellissimi anche per gli adulti: per le storie, per i testi e – soprattutto – per le illustrazioni.

Lo ho lasciato a disposizione di tutti, ma ho specificato che poteva essere consultato solo sul banco comune dove lo avevo appoggiato: non poteva essere portato al banco. Per i bambini questo è stato naturale e tutto è filato in maniera serena ed efficace. Ho fatto notare alla tirocinante: sembra tutto naturale, ma immagina se non avessi specificato questa regola… Il primo bambino che ne avesse avuto bisogno avrebbe preso il libro e lo avrebbe portato al suo banco, poi gli altri non lo avrebbero trovato, avrebbero iniziato a venire da me (addio indipendenza!) e magari ne sarebbero anche sorti dei conflitti tra bambini. Lei mi chiede, interessata: hai altre regole come questa da suggerirmi? E io penso: ce ne saranno più o meno cento ogni giorno, non ho nemmeno idea di quali siano se non mi fermo a razionalizzarle per spiegarle a qualcuno, ma tutto si fonda su questa naturalezza che esprime in ogni gesto, in ogni azione, un supporto reciproco che ha come finalità quella di sostenere un ambiente che ci piace, che funziona, e di cui siamo fieri. E da dove nascono queste regole?

Nascono dall’osservazione dell’esperienza viva dei bambini.

Magari tanto tempo fa – non ricordo più se è andata così ma probabilmente è successo – ho lasciato qualcosa a disposizione dei bambini senza specificare che doveva restare nel luogo dove lo avevo messo, in quanto “bene comune”, qualcuno lo ha preso, senza malizia da parte sua, e d lì sono sorti dei problemi. Talvolta l’insegnante risolve giudicando i bambini: non sono capaci di gestire un materiale, si litigano, sono prepotenti, c’è magari quel bambino più permaloso, più aggressivo, più prepotente… Ma se invece di giudicare i bambini, giudichiamo la situazione, ecco che attivando la nostra capacità di problem solving possiamo trovare una situazione migliore per il futuro – nonostante le difficoltà (e magari grazie alle difficoltà) che ciascun bambino porta con sé. E così, avrò trovato questa idea molto più funzionale di un “materiale in consultazione” (come si fa nelle biblioteche), e questa e tante altre trovate, ripetute negli anni, sono diventate non solo parte di un corpus delle mie esperienze personali, ma ormai anche dell’esperienza del gruppo dei bambini. I libri di Maria Montessori sono ricchi di racconti di esperienze di questo tipo, da cui si traggono alcune regole ben note in ambiente Montessori come ad esempio l’importanza di avere un pezzo per ogni materiale. Si parla spesso di imparare l’attesa, e sicuramente è una componente importante, ma più in generale limitare la libera scelta si rivela una maniera potentissima anche per favorire l’autoregolazione dei bambini, anziché dover introdurre continuamente regole arbitrarie dall’esterno. Come oggi – per inciso – quando mi sono reso conto che da chi era venuto prima nell’aula linguaggio non era stata limitata la libera scelta nell’armadietto d’arte, ed essendoci a disposizione un numero illimitato di pennelli e di materiali per la pittura, ci siamo trovati costretti a limitarne l’accesso arbitrariamente onde evitare di trovare tutta la classe costantemente impegnata soltanto nella pittura. Cambieremo prontamente, ad esempio lasciando soltanto due pennelli, oppure due per le tempere e due per gli acquarelli. Tempere e acquerelli? Potremmo anche alternarli. La rotazione è un’altra delle tecniche potentissime di un ambiente Montessori, perché permette un continuo rinnovamento delle offerte e dell’interesse, e allo stesso tempo non sovraccarica gli scaffali e l’offerta di attività. Costringe inoltre gli insegnanti a una continua revisione dei materiali nell’ambiente, e questo lo trovo un aspetto sempre positivo. Utilizzabile in maniera differente nel 3-6 e nel 6-11 (o 6-12), in alcuni ambienti molto usata e in altri meno, è sempre una possibilità da tenere a mente. Ma un’analisi estesa della rotazione oggi ci porta fuori strada.

Quello che vorrei condividere oggi, e lo condivido avviandomi al finale, sono le poche regole essenziali per i bambini che vivono in un ambiente Montessori. In teoria tutti coloro che hanno avuto una formazione Montessori dovrebbero conoscerle bene, ma – come dicevo prima – purtroppo sono cose difficili a insegnare, molto più difficili che le sequenze di presentazione standard delle attività con i materiali di sviluppo. Karen Pearce, per il 3-6 anni, elenca Tre Regole d’Oro. Personalmente credo che vadano tenute ben in mente anche per tutta la scuola primaria, e in ogni caso la prima la ho sentita enunciare anche da diversi formatori italiani dell’Opera in ambiente 6-11.

Eccole qui:

1 – Rispettiamo il lavoro degli altri

2 – Rispettiamo i materiali (e l’ambiente)

3 – Rispettiamo il ciclo di lavoro

La terza è un po’ complessa da spiegare qui, e comunque chi ha avuto la fortuna di partecipare al workshop “Il programma delle sei settimane” di Karen Pearce credo che la dovrebbe avere piuttosto chiara.

Le prime due invece sono talmente semplici che parrebbero scontate. Forse però rifletterci un po’ di più ci può aiutare.

Partiamo dalla seconda: rispettiamo i materiali.

Un bambino che sciupa un materiale, o lo danneggia volontariamente o involontariamente, chiaramente va aiutato cambiare il suo comportamento, e talvolta – temporaneamente – fermato. Noi adulti dobbiamo anche modellare comportamenti di estremo rispetto, gentilezza dei gesti, del tocco, del trasporto, e così via.

Ma poi, nella nostra società consumistica, se sciupiamo un pezzo di materiale, la vernice si rovina, o qualcosa si scheggia, spesso è più facile comprare un nuovo pezzo e buttare via il vecchio, anziché ripararlo. “How do you show love if you are going to replace every damaged object with a new one?”, dice Karen Pearce riportando le parole della sua mentore, Hella Patell. “Ma come puoi mostrare amore per l’ambiente ai bambini, se appena un pezzo si rompe lo butti via e lo rimpiazzi con uno nuovo?”. Certo che spesso richiede più tempo ed energia. Magari, produrre tutti i materiali a mano, lentamente, non precisi come se stampati al computer… ma quale è la nostra finalità? Avere i materiali sempre nuovi e splendenti, o aiutare i bambini ad imparare il prendersi cura, il “rimediare” con le proprie mani, l’amore per ciò che ci circonda?

E la prima regola? E’ la base del rispetto interpersonale, il rispetto di uno spazio mio che mi permette poi di accogliere l’altro, le sue esigenze, e reciprocamente accettare i suoi spazi. Anche questo sembra facile… e allora perché qualche (solo qualche?) maestro mette le mani sopra il lavoro dei bambini? Nessuno deve mettere le mani sul lavoro di un bambino. E’ il prodotto del suo lavoro, che in termini montessoriani, è “amore reso visibile” col fare delle mani. E’ una cosa preziosa che diamo al mondo, nessuno può sentirsi autorizzato a manometterla al posto nostro. Sui prodotti dei bambini non dobbiamo mettere neanche un segno. Neanche se ce lo chiedono. Dobbiamo rispettare il loro spazio, supportare la loro indipendenza, la loro libera scelta, la loro fiducia nelle proprie capacità. Maestro, mi disegni un cavallo? A me non riesce, ma – magari con un gattino – lo posso disegnare su un foglio mio e poi glielo presto, da osservare,da copiare, da ricalcare, può farci ciò che vuole. (Niente fotocopie, mi raccomando!).

E a correggere, allora, come facciamo senza mettere segni sul foglio? Altro argomento, altra storia. Sarà per un’altro episodio…

Intanto, se siete curiosi del nuovo Workshop di Karen Pearce che abbiamo tradotto in Italiano, cliccate qui sotto, è acquistabile soltanto per poche settimane, visibile fino al 31 marzo. Il vecchio workshop, quello citato qui sopra, vorremmo renderlo disponibile ma purtroppo i diritti per la versione italiana sono scaduti, magari ne potremo fornire una nuova versione nei prossimi anni, chissà.


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